Nati per morire?

Proveniamo da una cultura che, insistentemente, nella filosofia, nella letteratura e nell’arte, ha ridotto l’umano al rapporto con la morte. Siamo “esseri-per-la-morte” (M. Heidegger), siamo “nati per morire” (S. Freud). L’umano è definito dal morire. Buona parte dell’arte contemporanea insiste sul dissolvimento, irride le “belle forme” (lasciate al marketing). Quest’assoluto della morte è in realtà la rimozione dell’evento della nascita. Il mito del “farsi da sé” e la potenza tecnologica trovano nella nascita uno scacco insopportabile. La nascita è la condizione di ogni umana possibilità, eppure su questa noi non abbiamo alcun potere. Ci troviamo a esistere; altri hanno scelto per noi. Per la mitologia dell’Io, questo è un dato inquietante, un fatto inaccettabile. Far emergere l’affezione del voler bene, è l’unica scelta capace di convertire la sufficienza dell’Io e di mettere in discussione un’idea astratta dell’umano, che alimenta angoscia e pulsione di morte. L’atto generativo è un atto assoluto (un effetto di cui non siamo causa), evento gratuito che non è nelle nostre mani e ci espone totalmente agli altri, con una doppia perdita di potere: sulla nostra origine e sulla nostra sussistenza (senza gli altri siamo nulla). È posta in scacco l’arroganza dell’Io.

La rivoluzione scientifica e tecnologica in atto sta ridisegnando il mondo. Anche la generazione ne è travolta. Le esperienze elementari e fondanti della vita hanno smesso di essere ovvie. Il segreto della vita sta nella sua origine. Nella mentalità della scienza e della tecnologia la vita può essere immaginata secondo la pratica del laboratorio: un “esperi­mento”. L’esistenza intera può essere considerata come cantiere, dove tutto è sempre negoziabile. La generazione è l’esperienza attraverso la quale si rende chiaro il senso di tutta la vita. Potevamo anche non esserci, ma da quando nasciamo, se accolti e amati, diventiamo il “più-che-necessario” di chi ci ha voluti.

L’inizio contiene tutto lo svolgimento, l’origine illumina e tratteggia la destinazione. Questo difficile lavoro della mente e questa dedizione dell’anima gettano una nuova luce sulla verità profonda di ogni altro atto umano che si sviluppa da quell’origine.

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